L’Italia è il Paese europeo con più giovani inattivi. Ma sono davvero incentivati?

Un Rapporto presentato da ActionAid e Cgil, dimostra come l’Italia risulti il Paese europeo con il più alto numero di NEET (ovvero con i giovani- da i 15 ai 34 anni- che non lavorano, non studiano, né sono in formazione).

Dati piuttosto preoccupanti, costituiti prettamente da disuguaglianze di genere, territoriali e di cittadinanza.

I NEET risultano infatti essere prettamente donne (con una percentuale del 56%), dimostrando l’ennesima volta come per una donna sia molto più complicato svincolarsi da questa condizione. Un’inattività dettata principalmente dalla presenza di una disparità di genere ancora troppo assidua nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di uscire gradualmente dal mercato del lavoro.

generazione NEET
“I giovani non sono il problema del Paese, ma una straordinaria risorsa fin qui inespressa”.

Inoltre, è stata rilevata nel Sud Italia la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano. Più nello specifico, sono il 39% rispetto ad un 23% nel Centro Italia, e circa ad un 20% del Nord Italia.

Tutta una serie di analisi di numeri ben specifici, ha reso infatti possibile la definizione di alcune sottocategorie che permettono di fotografare e delineare meglio il quadro situazionale del Paese, al fine di focalizzarsi su concretezze e muoversi attraverso nuove politiche pubbliche, nella direzione di un decisivo miglioramento.

I dati parlano da sé. Ma la colpa è realmente da attribuire ai giovani?

dati NEET Italia 2022
L’analisi effettuata da ActionAid e Cgil che potrebbe aiutare a delineare specifici interventi efficaci

Bisognerebbe considerare anche il fatto che tutta questa situazione, conduce ed è al contempo dovuta ad una profonda e trasversale sofferenza delle generazioni più giovani.

Infatti innanzitutto sarebbe necessario mettersi nei panni di un giovane, e riflettere su ciò che offre il mercato al giorno d’oggi. Ci ritroviamo dinanzi a lavori sottopagati, obblighi di orari, sfruttamento e tutta un’altra serie di catastrofiche condizioni, che conducono quest’ultimo nell’incertezza più assoluta, nella punizione in mano ad un’autorità ipocrita.

Ma non solo. Non si può omettere e non tener conto dell’ingente presenza di lavoro in nero tra i giovani, che ovviamente non viene minimamente contemplata nel quadro generale dei dati.

Pertanto, è piuttosto desumibile il fatto che, laddove manchino gli stimoli e gli incentivi alla ricerca di un qualcosa di proprio per il futuro, preferiscano “accontentarsi”.

Per smantellare questo tipo di fenomeno, servirebbe a tal proposito un concreto impegno per garantire una volta per tutte giustizia sociale ed economica alle nuove generazioni, affinché siano guidate una volta per tutte nella direzione di una concezione di lavoro più tangibile.

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